Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/114

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Questa differenza di gusti e di costumi non impediva che i due fratelli si amassero teneramente. Però per cagione appunto di questa differenza, per spirito di antitesi, il padre — il quale aveva identicamente il carattere del suo cadetto — preferiva il primogenito, e la madre — la quale, una volta maritata ed allontanata dalla corte, era divenuta una donna seria ed ambiziosa — ammattiva pel figlio cadetto.

Al suo ritorno da Parigi, il principe Paolo aveva concepito qualche sospetto sulle inclinazioni dello tzar Alessandro per sua moglie. Erasi quindi dimesso dal servizio militare e si era ritirato nelle sue terre. Fu mestieri, per conseguenza, che sua moglie ve lo seguisse e vi restasse tanto ch’ei visse.

Dopo la morte di lui, però, la principessa — che aveva subito la solitudine come una punizione — prese tosto la risoluzione di recarsi a corte, ove la nuova Tzarina, dopo la morte di Alessandro, le aveva mantenuto il grado di dama d’onore, ed aveva fatto ammettere suo figlio Alessandro come paggio dell’imperatore Nicola.

La principessa Paolina voleva condurre con lei anche il figliuolo primogenito.

Pietro, oggimai il principe Pietro, le manifestò il suo desiderio di partire per l’Alemagna.

— E che vuoi tu andar a fare in Germania, all’età tua? — dimandò la madre.

— Visitare le università e studiare.

— Ah! — sclamò la principessa.

— Ma ad una condizione — riprese il principe Pietro.

— Bravo! ecco delle condizioni, adesso.

— A due condizioni, anzi, se vi piace, madama — continuò il principe.

— E quali? mio signor principe, se tuttavolta degnate comunicarle — chiese la principessa, ammiccando di un’aria ironica.

— Primo, di sgabellarmi del mio istitutore, e di viaggiare accompagnato da un solo cameriere.

— Benissimo. Quel povero padre Toufferel v’imbarazza dunque, o non sa egli abbastanza?

— Sa anzi troppo. Però, io non voglio più gesuiti intorno a me.