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ama il buon vino, noi abbiam qui il capitano della gendarmeria...
— Non vo’ birri alla mia mensa, gnoccolone! — interruppe il dottore, conoscendo i polli di casa Borbone.
— Vi sarebbe inoltre l’arciprete.
— Io sono protestante.
— In questo caso, che vi sembra del medico?...
— Son medico anch’io. Ci arrovelleremmo prima di dar mano agli hors-d’oeuvres.
— Allora, eccellenza, io non so mica più... perchè il sotto-intendente non verrebbe.
— Nè io il voglio, perdio.
— Il suo segretario fa la corte alla moglie di lui, e non si scomoderebbe neppure pel re. Il sindaco à la gotta... Ah! un’idea.
— Dite pure.
— Vostra eccellenza gradirebbe ella un messere che mangia molto, ma molto?
— S’e’ mi piacesse, per fermo.
— Ebbene, il cancelliere comunale è la perla delle tavole. E’ non mangia mica sovente, il galantuomo, perchè è povero.
— Perchè è desso povero?
L’albergatore restò allampanato alla dimanda. E’ sbirciò il dottore con attenzione, poi soggiunse:
— Cazzica! perchè è povero? Da prima perchè non guadagna abbastanza. In seguito perchè à una famiglia numerosissima. Infine, eccellenza, perchè giuoca alla lotteria quel po’ di ben di Dio cui guadagna.
— Andate ad invitare il cancelliere — ordinò il dottore — e fate il festino per bene.
Il cancelliere accettò di balzo e giunse all’albergo.
E quest’uomo non aveva sul viso che occhi e peli; poi, un gobbo alle spalle, un piè più corto dell’altro. E’ non rideva mai. Un libro sudicissimo faceva capolino d’una delle tasche della sua giacca.
Egli salutò sommariamente il dottore: la vista dell’imbandigione l’abbacinava.
La cena non fu guari allegra.
Messer lo scriba ingollava pietanze su vino e vino su