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— Ti tengo — gridò lo zio Tob. Non è una figlia che tu compri allora, l’è un’utilità, l’è uno strumento, l’è un godimento o un servizio qualunque che tu acquisti infine. Tu calcoli semplicemente, non compi un’opera da filantropo.
— Ciò mi riguarda, brav’uomo.
— E ciò riguarda anche me. Cinque mila franchi, dunque.
— Impossibile. Addio.
— Vuoi tu comprarla alla libbra, compare?
— La carne viva inganna al peso. Voi sareste minchionato, caro. No.
— Ad ogni modo, ne daresti tu che?
— Mille franchi.
— Mille franchi! La sarà per me la gallina dall’uovo d’oro. Però dimmi questo, compare: ne farai tu una cristiana?
— Senza dubbio.
— Io diffalco allora cinque cento franchi di mancia pel diavolo. Prendila a 4,500 franchi.
— No.
— Ne farai tu una cattolica, apostolica, romana, compare?
— Sì.
— In questo caso, ne diffalco altri mille franchi — a causa della probabilità che la potrà un giorno tornare a noi, in un modo o nell’altro. Tre mila cinquecento franchi, allora.
— No. Due mila franchi, ecco l’ultimo mio prezzo.
— Un’ultima domanda, compare, insistè lo zio Tob, riflettendo — ove la conduci tu?
— A Parigi.
— Vada. Te l’abbandono per 3000 franchi. Tutto non è perduto.
Il dì seguente, lo zio Tob consegnava la fanciulla pel prezzo sopradetto, accettato dal dottore.
Infrattanto, il mercato conchiuso, il dottore faceva rivenire l’albergatore e gli comandava da cena per due.
— Io mi tedio a cenar solo e non mangio — diss’egli. A chi potrei indirizzarmi in città per averlo a conviva?
— Ah! — rispose l’albergatore — se vostra eccellenza