Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/271

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giarli, ò parlato con Froment Maurice, onde ne varii la montatura. Sarà splendida. Io vado da quella parte. Gli porto quelle gioie onde dargli il tempo di comporre dei capi d’opera.

Adriano aveva udito quelle spiegazioni, gli occhi sbarrati, diventando ora di porpora ed ora pallido.

— Ma egli non à ancora restituito i due monili di perle e di smeraldi, cui e’ doveva montar pure sur un altro modello — osservò Vitaliana.

— Perchè aspetta i diamanti per armonizzare tutte le gioie — rispose il duca.

— Prendili dunque. Tu lo sai bene, io lascio di gran cuore alle Inglesi ed alle Russe questa esibizione di gioielleria su i loro seni e nei capelli. Io preferisco i fiori.

— Lo so. Venite a vederci più spesso, cugino — soggiunse il duca stringendo la mano di Adriano ed uscendo seguito da Maria.

Adriano s’inclinò assai leggiermente, senza nulla rispondere, poi azzeccò i suoi occhi brillanti sulla cugina, che sembrava inquieta, e fece due o tre passi per allontanarsi in silenzio.

D’un tratto, però, egli si rivolse; si avvicinò vivamente a Vitaliana; prese le mani, cui bruciò del suo contatto, e gridò:

— Vitaliana, posso dirtelo adesso: Io ti amo!

E senza attendere risposta veruna, applicò le sue labbra sulle labbra della cugina, vi depose un bacio — che alla giovane donna sembrò un morso — ed uscì precipitosamente, senza voltarsi.


Vitaliana restò come annientata.


Il duca correva sul lastrico di Parigi, portando via i diamanti di sua moglie.