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192 | nella terra dei santi e dei poeti |
Dormivo da quattro ore quando il Pasini, l'implacabile sveglia, venne a bussare.
- Ho fatto preparare il pranzo per quattro: quando sei vestito vieni giù in refettorio.
Il refettorio era una grande stanza a volta con le tavole massicce di noce, con gli zoccoli di quercia alti e intarsiati; e sopra la porta, con doppia scalea, sporgeva il pulpito da cui dovea predicare funeree cose qualche ombra di monaco.
La cucina del convento avea cercato di far onore ai suoi ospiti, ma per me mangiai pochissimo e più che la stanchezza ne fu cagione la malinconia del luogo. L'urtare delle posate contro i piatti produceva strani echi; e parevano destare ombre bianche di monaci vagolanti. Pareva anche che dai finestroni cadesse un lividore di notte; e il tuono, ripercosso dal Catria, ogni tanto rombava.
Con tutto questo io avrei voluto rimanere più tempo a Fonte Avellana, forse una settimana, forse più. Ma non fu di questo parere il Pasini, e sellati i somieri, fu senz'altro decisa la partenza.
Alla Scheggia dove ritornammo sull'ora dell'Ave Maria, erano stati in pensiero per noi perchè anche quivi il vento e il temporale si erano fatti sentire.