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260 | la bicicletta di ninì |
esenzione, tutta ricca di nove e di otto, comparve in casa la bicicletta.
Chi può dire la gioia, l'adorazione di Ninì? Che cosa mai erano le vittorie di C. G. Cesare o di Alessandro in confronto della bicicletta?
Il nobile ordigno era entrato in quella dimora con lo splendore ed il contegno di una dama della vecchia nobiltà che si degni di mettere piede in una famiglia borghese. E invero la bicicletta di Ninì apparteneva alla più austera aristocrazia della specie: era venuta direttamente dall'Inghilterra e ritenea qualcosa della rigida alterezza britannica.
Il giovanetto, che conosceva così bene le varie fabbriche e sapeva di ruote, pedali, manubri, catene, moltipliche, sterzi come e meglio de' verbi irregolari, era rimasto a bocca aperta alla vista di così bella macchina, e al babbo che lo guardava come per dirgli: “Sono o non sono io?„ osservò con profonda convinzione. - Con questa qui si fa il giro del mondo in ottanta giorni!
Chi non poteva darsi pace era la nonna.
- Cinquecento lire! cento scudi, - esclamava, - per un balocco che ammazza la gente!
- E poi devi dire che l'ho avuta per favore!... - aggiungeva il signor Alberto