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passar oltre, poi mi fermo, guardo: ma è lei, è Lia!

La quale, come mi vide, disse sorridendo:

«Gliel'ho detto, signore, che mi sarei levata la cuffia soltanto quando mi fossero venuti su i capelli un'altra volta!»

La guardai e non sapevo che cosa rispondere e non mi potevo persuadere che fosse lei.

Ella parve studiare sul mio volto l'effetto che produceva in me, e il mio silenzio e il mio turbamento dovettero corrispondere alla sua aspettazione perchè il sorriso meglio le si spiegò sul caro volto, e aggiunse:

«Questa mattina è venuta la sarta, signore, e mi ha portato quest'abito da viaggio.»

Lia era scomparsa e ne era venuta fuori una signorina tutt'elegante. Però guardandovi, ritrovai ancora qualcosa della piccola Lia: la nota dell'adolescenza non era sfumata anch'essa. Un cappello di paglia di Firenze, semplice come quello di un'educanda, ombreggiava sotto il sole del giardino un volto di una purezza incomparabile. Un abito chiaro modellava tutta la persona, la quale era sbocciata nella sua femminilità: e io sino allora non me ne ero avveduto. I gigli del giardino parlavano un profondo linguaggio e il profumo dei grandi calici bianchi si con-