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164 parte ii - capitolo ii

lito da far pietà; ma poi lavorando agli ordini suoi per riformare le aiuole, per contornarle di tufi, per piantare arbusti e fiori, vedendo come il padrone stesso sapesse lavorar di sua mano e quanti terribili nomi latini e qual portentoso talento avesse in testa per immaginare disposizioni nuove e belle, concepì poco a poco per lui un’ammirazione quasi paurosa e quindi anche, malgrado i molti rabbuffi, un'affezione devota.

Il giardinetto pensile fu trasformato a immagine e similitudine di Franco. Un’olea fragrans vi diceva in un angolo la potenza delle cose gentili sul caldo impetuoso spirito del poeta; un cipressino poco accetto a Luisa vi diceva in un altro angolo la sua religiosità; un piccolo parapetto di mattoni a traforo, fra il cipresso e l’olea, con due righe di tufi in testa che contenevano un ridente popolo di verbene, petunie e portulache, accennava alla ingegnosità singolare dell’autore; le molte rose sparse dappertutto parlavano del suo affetto alla bellezza classica; il ficus repens che vestiva le muraglie verso il lago, i due aranci nel mezzo dei due ripiani, un vigoroso, lucido carrubo rivelavano un temperamento freddoloso, una fantasia volta sempre al mezzogiorno, insensibile al fascino del nord.

Luisa aveva lavorato e lavorava assai più del marito; ma se questi si compiaceva delle proprie fatiche e ne parlava volentieri, Luisa invece non ne parlava mai e non ne traeva veramente alcuna vanità. Lavorava d’ago, d’uncinetto, di ferri, di