Pagina:Piccolo Mondo Antico (Fogazzaro).djvu/20

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16 capitolo i


Era un tempo bigio e sonnolento proprio come l’aspetto del cielo e del lago, caduta la breva che aveva fatto tanta paura alla signora Pasotti. La gran breva del 1848, dopo aver dato poche ore di sole e lottato un pezzo con le nuvole pesanti, spenta da tre anni, lasciava piovere e piovere i giorni quieti, foschi, silenziosi dove cammina questa mia umile storia.

I re e le regine di tarocchi, il Mondo, il Matto e il Bagatto erano in quel tempo e in quel paese personaggi d’importanza, minute potenze tollerate benevolmente nel seno del grande tacito impero d’Austria, dove le loro inimicizie, le loro alleanze, le loro guerre erano il solo argomento politico di cui si potesse liberamente discutere. Anche il Pin, remando, ficcava avidamente sopra le carte della signora Barborin il suo adunco naso curioso, e lo ritraeva a malincuore. Una volta restò dal remare per tenervelo su e vedere come la povera donna se la sarebbe cavata da un passo difficile, cosa avrebbe fatto di una certa carta pericolosa a giuocare, e pericolosa a tenere. Suo marito picchiava impaziente sul tavolino, il curatone palpava con un sorriso beato le proprie carte, e lei si stringeva le sue al petto, ridendo e gemendo, sbirciando ora l’uno ora l’altro de’ suoi compagni.

«Ha il Matto in mano» sussurrò il curato.

«Fa sempre così, lei, quando ha il Matto» disse Pasotti, e gridò, picchiando:

«Giù questo Matto!».

«