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382 capitolo sesto.

parlanti si velarono di pianto. Maironi ebbe il senso di un’anima che non avesse mai conosciuto bene, resistente per la sua potenza di amore a una profonda infezione di scetticismo, lampeggiante dall’interno delle sue nuvole una luce purissima.

“In principio„, riprese Jeanne, “l’idea di lasciare mio fratello non mi avrebbe potuto venir in mente. Lei, per le discordanze nostre, mi ha amato sempre meno e io l’ho amato sempre più, perchè io non avrei mai voluto ch’Ella diventasse come me, avrei voluto invece diventar io come Lei!„

Tacque e dopo brevi momenti di silenzio alzò gli occhi lagrimosi aspettando una risposta. Piero teneva i suoi fissi nel vaporar lento della nebbia, nelle foglie dei noci, gravi di umidore. La tristezza delle cose pareva conscia di quel silenzio doloroso. “Dio, Dio!„ gemette Jeanne, sotto voce. “Oggi„, soggiunse dopo un’altra pausa, “se quest’acqua fosse veleno non Le chiederei se la dovrei bere„. Piero la guardò, attonito. Appena ella ebbe detto amaramente, come parlando, a sè stessa “neppure si ricorda!„ gli venne in mente Praglia, il bicchier d’acqua sparso.

“Sì„, diss’egli, commosso. “Mi ricordo. Neppure oggi Le direi di bere„.

Ella sospirò: “Per pietà, forse„.