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410 capitolo settimo.

“Domani sera, fra le sette e le nove, vi lascio„.

Egli si sentì gelare il sangue, pensò alla divinazione dei morenti, non seppe lì per lì articolar parola. Poi la contraddisse appassionatamente. Ella gli fe’ segno, col dito alle labbra, di tacere, come s’egli alzasse la voce contro Dio che voleva così. Poi mosse un po’ il capo su per il guanciale, gli abbandonò la mano sul braccio, lo guardò affannata, supplichevole. Non gli pareva che Dio fosse stato abbastanza buono con lei?

“Una grazia grande, sai, del Signore, avermi svegliata, avermi chiamata così. Una grazia grande avervi qui tutti, anche quel santo don Giuseppe che mi aiuta. Zitto, caro, zitto„.

Ella tacque, lo trasse a sè, fece un visino afflitto, gli bisbigliò senza guardarlo:

“Non sono stata una buona moglie — zitto caro, zitto — no, ti volevo tanto bene, tanto tanto e non ho saputo dimostrarlo, devi avermi creduta fredda, è stato un gran male, adesso lo capisco„.

Gli cinse il collo con ambe le braccia, gli mormorò all’orecchio:

“Caro, vuoi che ci perdoniamo tutto? Proprio tutto tutto? Anche quello che tu non sai di me? Anche quello che io non so di te?„

Egli si staccò dolcemente dal collo, piangendo, le sottili braccia, s’inginocchiò, si strinse sulle labbra