Pagina:Piceno Annonario ossia Gallia Senonia illustrata Antonio Brandimarte 1825.djvu/206

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che in diversi tempi infierì nell’Italia, molti altri per la fame, che imperversò per più volte, ed alcuni per la fame, che imperversò per più volte, ed alcuni per essere sicuri dalle prede, e dagli oltraggi, fuggirono, e si rifugiarono in luoghi solitarii, ed alpestri. Il Turchi, come sarò per dire, crede, che l’origine di varii Castelli della nostra Provincia fu questo, ed io adotto il di lui sistema, perchè è molto conforme alla ragione. Que’ pochi, che fuggirono, avendo abbandonato le loro Città o si nascosero nelle ombrose valli, o si rifuggiarono nelle cime di alti monti. Quivi a poco a poco cominciarono a fabbricar case, e ne vennero molti Castelli, i quali in appresso rimasero di proprietà di coloro, che li edificarono. Le Città essendo prive di abitatori a poco rovinarono, ed in fine del tutto si estinsero. Alcune risorsero, altre, come dice il Catalani, dopo il lasso di più età furono annoverate tra’ Castelli, ed altre sono ancora sepolte tra le loro rovine. Di fatti nè nell’Annonimo Ravennate, nè in Anastasio Bibliotecario, nè nelle donazioni fatte, e confermate dagli Imperadori alla S. Sede si trovano nominate le Città di Sentino, di Alba, di Tufico, di Attidio, di Ostra, di Suasa, di Pitulo Mergente, e Pisaurense, e di Tiferno Metaurense, perchè erano già perite. Tutte poi perdettero il dritto della Cattedra Vescovile.

Non può dubitarsi, che le Città, che descrissi, non ebbero il proprio Vescovo. Ma prima di dimostrarlo, osserviamo quando la fede cristiana penetrò nel Piceno Annonario. Alcuni autori pretendono, che S. Apollinare discepolo di S. Pietro portasse la luce del S. Vangelo non solamente nell’Emilia, ma ancora nel Piceno. Altri danno questo vanto a S. Feliciano Martire e Vescovo di Fuligno, ed espressamente si legge negli atti di questo, che si portò nel Piceno1. Ma nel passo in cui ciò leggesi, si chiama la provincia Picena col nome di Pentapoli, il qual nome ebbe assai dopo la di lui morte: onde il Vecchietti2 giustamente inferisce, che gli atti di lui soffrirono dall’altrui indiscreta pietà qual-


  1. Giacobilli Vir. SS. Umbr. T. 1. p. 128.
  2. Dissert. prelim.