Pagina:Piceno Annonario ossia Gallia Senonia illustrata Antonio Brandimarte 1825.djvu/62

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siamo sacrificii di purgazione, e col dare noi medesimi in pagamento abbiamo a ricomprare i pubblici pericoli. Io darò meco insieme le nemiche legioni sagrificio alla Dea della terra, ed agli altri Dei infernali. Avendo così detto comandò a M. Livio Pontefice, al quale egli aveva ordinato quando ei venne alla battaglia, che non si discostasse da lui, che usasse le parole sagre, mediante le quali egli offeriva in voto sè stesso, e le nemiche legioni insieme per la salute dell’esercito del popolo Romano, e de’ Quiriti. Essendo poi dedicato, e consagrato con le medesime orazioni, e prieghi, che il Padre suo Publio Decio si era già fatto offerire in voto nella guerra de’ Latini nel fiume Veseri, dopo i solenni prieghi, soggiunse, che si mandava innanzi lo spavento, e la fuga, l’uccisione, e il sangue, e l’ira degli Dei celesti, e infernali: e con mortali maledizioni malediceva le insegne, le lancie, le spade, e le armi de’ nemici, e voleva, che il medesimo luogo fosse la propria distruzione, e de’ Galli, e de’ Sanniti.

Avendo pregando compiuto tali maledizioni contro di sè stesso, e de’ nemici, mosse spronando il cavallo in quella parte, ove ei vedeva più folta la schiera de’ Galli, e spingendo sè stesso contro le armi nemiche in brieve spazio di tempo fu ammazzato. La battaglia non parve poi, che seguitasse per forza umana. I Romani avendo perduto il capitano (il che suole le altre volte dar grandissimo spavento) fermarono la fuga, e cominciarono a rinnovare la battaglia. I Galli, e massimamente quelle squadre, le quali eran d’intorno al corpo morto del Console, come se fossero fuori di se stessi, ed alienati di mente lanciavano le aste indarno, alcuni stavano come intormentiti, nè si accorgevan di combattere, o di fuggire. Dall’altra parte Livio Pontefice, a cui Decio aveva dato i Littori, e l’aveva fatto vice-pretore, cominciò a gridare dicendo, che i Romani avevan vinto: avendo colla morte del Console soddisfatto al fatal destino, e che i Galli, ed i Sanniti eran fatti preda della Madre Dea Tellure, e degli Dei infernali: e che Decio chiamava, e tirava dietro a se