Pagina:Pietro Gori - Alarico Carli. Un galantuomo, un valentuomo, un patriotta, 1900.djvu/12

Da Wikisource.

— 8 —

culio mensile somministratogli dalla famiglia, andava facendo ripetizioni ai propri compagni, e dava lezioni a giovanetti desiderosi di avviarsi a quell’arte.

Il Carli erasi fatto così giovanotto, ed i tempi erano maturati con lui.

Dopo l’infelice spedizione del generale Ramorino; dopo l’eroico tentativo e l’eroico sacrifizio dei fratelli Bandiera; dopo le congiure e le condanne preparate ed eseguite in Roma contro Galletti, Montecchi ed altri; dopo la rivolta di Rimini, capitanata da Pietro Renzi; dopo infine, le noie procurate dall’Austria al Governo della Toscana per la pubblicazione del D’Azeglio sui Casi della Romagna, e dopo l’esilio di lui; per la morte del retrogrado Gregorio XVI, il Cardinale Giovanni Mastai, salito sul soglio pontificale sotto il nome di Pio IX, aveva solennemente pronunziata la frase; Gran Dio! benedite l’Italia! che equivaleva al compimento del tanto contrastato desiderio degli Italiani: Unità ed Indipendenza!

Il movimento liberale iniziato dal Sommo Pontefice era stato seguito da tutti gli altri Principi d’Italia. Contemporaneamente, una rivoluzione scoppiata di nuovo in Francia aveva cacciato dal trono Luigi Filippo e proclamata la Repubblica e una sollevazione generale dell’Impero Austriaco aveva costretto l’Imperatore a fare certe concessioni ed a promettere la Costituzione.

I Lombardi chiesero ai loro oppressori le bramate riforme, ma trovando invece resistenza ricorsero alle armi e per 5 giorni fecero una guerra accanita e vittoriosa che rimase nella storia sotto il nome di Cinque Giornate.

Milano e Venezia avevano vinto. Il patriottico Piemonte levò il grido di guerra e Carlo Alberto impugnò le armi per la causa dell’Indipendenza nazionale.