esso si trova contrario alle altre Leggi, ed all’analogia
di tutto il Giure Romano.1 E questo
malanno, per trattarsi di Leggi, è troppo
più grande di quel, che comunemente si va figurando
la gente, poichè, come saviamente riflette
il Bynkershoeckio2 in aliis auctoribus corruptis perditur sententia, et fere solus nitor; hic sæpe perditur res, et fortuna hominum: aliud quippe juris esse poterit, si hoc, quam si illo modo fuerit scritptum.
Non mi si dica, che i più giudiziosi Critici
Legali abbiano già levata via la massima parte
dei testi viziosi e guasti, che per entro a’
Codici delle Leggi si ritrovavano: e che però
questi sì fatti difetti non debbono più potere
a veruno gran noja recare, nè apportare alla
Giurisprudenza gran danno. Io sono tutto all’opposto
di ferma persuasione, che riguardo a
questo punto più abbiano alla Disciplina Legale
nociuto, che giovato le fatiche de’ Giurisconsulti:
poichè costoro in vece di ritrovare la
vera lezione del testo, vi hanno aggiunto i loro
propri capricci, e le loro chimere, desiderando
ognuno di far spiccare il suo ingegno o mettendo
in campo qualche suo nuovo ghiribizzo,
o combattendo i rimedj messi in opera dagli altri
per acconciare i testi corrotti. Sicchè non si
può umanamente sapere chi s’abbia il torto, o
la ragione, e chi abbia veramente emendato il
testo, o chi si sia più degli altri approssimato
- ↑ Gugl. Fornerius Select. lib. 2. cap. 4. Everh. Otto in Præfat. Tom. 2. cap. 2. Thes. Jur. Civ. pag. 11.
- ↑ In Præfat. ad Observ. Jur. Civ.