Vai al contenuto

Pagina:Pilati - Ragionamenti intorno la legge naturale e civile, 1766.djvu/66

Da Wikisource.
62 Difetti delle

Legisti di mettere in campo i loro capriccj, e di seminare, e sostenere mille discordie!

Che se le Leggi Romane riefcono non di rado oscure al Cujacio, all’Ottomanno, Duarado, ai Fabbri, al Noodt, Binkrersoechio, Schultingio, ed agli altri più illuminati i Legisti de’ nostri tempi i quali hanno avuto una immensa provvisione di tutti i mezzi più necessarj per giugnere all’intelligenza di quelle Leggi come a dire una vasta cognizione delle lingue greca, e latina, della Storia, delle antichità, della vecchia filosofia, della critica, che pena, e che martirio non daranno poi questi volumi di Giustiniano al rimanente de’ Giuristi, che tanto sanno di Greco, di Latino, di Storia, di Filosofia, e di critica, quanto ne sapeva il buon uomo di Sancio Panza. Per intendere la lingua degli antichi Giuristi, non basta mica sapere il gergo del Bortolo, o del Fulgosio, ma bisogna aver studiato assai bene su’ libri degli Autori classici de’ vecchj tempi, come ognuno, che abbia veduto le prime pagine dei Digesti, può aver da se medesimo bastevolmente compreso. Così per intendere lo spirito delle Leggi Romane non basta l’avere in mente le filastrocche di Curzio, che si legge nelle scuole, nè gli esempj cavati dal Flos Sanctorum, che ordinariamente insegnano i Maestri, ma egli è assolutamente necessario di essere ben versati nella Storia, ed antichità Romane, colle quali sole si può arrivare a conoscere l’indole delle Leggi, a ravvisare il fine del Legislatore, ed a scoprire l’occasione, in cui fu portata la Legge. E senza di queste cognizio-


ni