Vai al contenuto

Pagina:Pirandello - L'Umorismo, 1908.djvu/137

Da Wikisource.

umoristi italiani 133

mani, per seppellirla, tutta una letteratura, di cui sogliamo vergognarci, a cominciar dai Mattaccini del Caro? Mancassero guerre d’inchiostro tra i letterati nostri d’ogni tempo, giù giù dai sonetti di Cecco Angiolieri contro Dante, all’Atlantide di Mario Rapisardi! Riso anche questo, sicuro, gajezza mala, umore, cioè fiele, collera fredda e secca, come la chiama Brunetto Latini, o malinconia nel senso originario della parola: la malinconia appunto dello Swift libellista. Penso al Franco, all’Aretino e, più qua, a quel terribile monsignor Lodovico Sergardi. A questi soltanto? Ma a ben più d’uno


                                        è forza ch’io riguardi,
Il qual mi grida e di lontano accenna
E priega ch’io nol lasci nella penna,


vedendo con quanta larghezza gli altri imbarchino scrittori in questo Narrenschiff dell’umorismo! Ma sì, perchè no? anche tu, Ortensio Lando, se pur volontariamente non pazzeggi come Bruto per aver diritto di vivere e di parlare con libertà, come disse Carlo Tenca; monta anche tu, autore dei Paradossi e del Commentario delle cose mostruose d’Italia e d’altri luoghi, tu che, non foss’altro, avesti il coraggio di dare ai tuoi dì dell’animalaccio ad Aristotile. Io, per me, ti lascerei a terra con tutti gli altri, a terra col Doni, a terra col Boccalini, Tacito proconsolo nell’isola di Lesbo, a terra col Dotti, a terra con tanti prima e dopo di te, il Caporali e il Lippi e il Passeroni; ma non vorrei essere io solo così rigoroso, massime quando vedo dalla barca uno che ha il diritto di starvi, incontestabile, Lorenzo Sterne, far cenni e invitar quell’ultimo dei nostri che ho nominati, a montarvi.

E Alessandro Tassoni? si deve lasciare a terra anche lui? Nelle recenti feste in suo onore, parecchi han voluto veder stoffa d’umorista vero in questo acuto