Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/113

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§ 2.


Aspettavamo, oggi, sotto il pergolato dell’osteria, che arrivasse una certa «signorina di buona famiglia», raccomandata dal Bertini, la quale doveva sostenere una particina in un film rimasto da qualche mese in tronco e che ora si vuol terminare.

Da più d’un’ora un ragazzo era stato spedito in bicicletta alla casa di questa signorina, e ancora non si vedeva nessuno, neppure il ragazzo di ritorno.

Polacco stava seduto con me a un tavolino, la Nestoroff e Carlo Ferro sedevano a un altro. Tutt’e quattro, insieme con quell’avventizia, si doveva andare in automobile, per un esterno dal vero al Bosco Sacro.

L’afa del pomeriggio, il fastidio delle mosche innumerevoli dell’osteria, il silenzio forzato fra noi quattro, costretti a stare insieme non ostante l’avversione dichiarata, e del resto patente, di quei due per Polacco e anche per me, accrescevano e rendevano a mano a mano insopportabile la noja dell’attesa.

Ostinatamente la Nestoroff si vietava di volger gli occhi verso di noi. Ma certo sentiva ch’io la guardavo, così, apparentemente senza attenzione; e più d’una volta aveva dato segno d’esserne seccata. Carlo Ferro se n’era accorto e aveva aggrottato le ciglia, guatandola; e allora ella aveva finto davanti a lui di provar fastidio, non già di me che la guardavo, ma del sole che, di tra i pampini del pergolato, la feriva in viso. Era vero; e mirabile