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d’essermi amico; non può sentire amicizia per me. E certo, domani, m’odierà di più, per avermi questa sera trattato da amico.


§ 5.


Penso che mi farebbe comodo avere un’altra mente e un altro cuore.

Chi me li cambia?

Data l’intenzione, in cui mi vado sempre più raffermando, di rimanere uno spettatore impassibile, questa mente, questo cuore mi servono male. Ho ragione di credere (e già più d’una volta me ne sono compiaciuto) che la realtà ch’io do agli altri corrisponda perfettamente a quella che questi altri dànno a se medesimi, perchè m’industrio di sentirli in me com’essi in sè si sentono, di volerli per me com’essi per sè si vogliono: una realtà, dunque, al tutto «disinteressata». Ma vedo intanto che, senza volerlo, mi lascio prendere da questa realtà, la quale, così com’è, mi dovrebbe restar fuori: materia, a cui do forma, non per me, ma per se stessa; da contemplare.

Senza dubbio, c’è un inganno sotto, un beffardo inganno in tutto questo. Mi vedo preso. Tanto che non riesco più neanche a sorridere, se accanto o sotto a una complicazione di casi o di passioni, che si fa a mano a mano più aspra e forte, vedo scappar fuori qualche altro caso o qualche altra passione, che mi potrebbero esilarar lo spirito. Il caso della signorina Luisetta Cavalena, per esempio.

L’altro giorno Polacco ebbe l’ispirazione di far venire questa signorina al Bosco Sacro e di farle