Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/146

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dice, pare che Cavalena scappi di casa, evada dall’ergastolo. Come un pazzo, da un momento all’altro, si ritrova in mezzo alla strada, senza un soldo in tasca, deciso a riprendere comunque «la sua vita»: va di qua, di là, in cerca degli amici; e gli amici, in prima, lo accolgono festosamente nei caffè, nelle redazioni dei giornali, perchè se lo pigliano a godere; ma la festa subito s’intepidisce, appena egli manifesta il bisogno urgente di trovar posto di nuovo in mezzo a loro, di darsi attorno per provvedere a se stesso, in qualche modo, al più presto. Eh sì! perchè non ha nemmeno da pagarsi il caffè, un boccone di cena, l’alloggio in un albergo per la notte. Chi gli presta, per il momento, una ventina di lire? Fa appello, coi giornalisti, allo spirito d’antica colleganza. Porterà domani un articolo al suo antico giornale. Che? Sì, di letteratura o di varietà scientifica. Ha tanta materia accumulata dentro... cose nuove, sì... Per esempio? Oh Dio, per esempio, questa...

Non ha finito d’enunziarla, che tutti quei buoni amici gli sbruffano a ridere in faccia. Cose nuove? Nell’arca, Noè, ai suoi figliuoli, per ingannare gli ozii della navigazione su le onde del diluvio universale...

Ah, li conosco bene anch’io, questi buoni amici del caffè! Parlano tutti così, con uno stile burlesco sforzato, e ciascuno s’eccita alle altrui esagerazioni verbali e prende coraggio a dirne qualcuna più grossa, che non passi però la misura, non esca di tono, per non essere accolta da un’urlata generale; si deridono a vicenda, fanno strazio delle loro vanità più carezzate, se le buttano in