Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/249

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dator Borgalli, ch’ebbe la soddisfazione di misurar così, quanto grande fosse la sua autorità e quanto temuta e rispettata, dal silenzio in cui tutta quella gente si tenne e poi si sparpagliò, quand’egli concluse la sua concione ordinando:

— Al lavoro! su, al lavoro! —

Sparì dallo spiazzo, come sommerso prima da quell’affluire di gente, poi portato via dal rifluire di essa, ogni vestigio della — diciamo — drammatica situazione di poc’anzi; là, della Nestoroff e di Carlo Ferro; più là, del Nuti, solo, discosto, sotto gli alberi. Lo spiazzo ci restò davanti vuoto. Sentii la signorina Luisetta che mi gemeva accanto:

— Oh Dio, oh Dio, — e si storceva le manine. — Oh Dio, e adesso? che avverrà adesso? —

La guardai con stizza, ma pure mi provai a confortarla:

— Ma che vuole che avvenga? stia tranquilla! Non ha veduto? Tutto combinato... Io ho almeno questa impressione. Ma sì, stia tranquilla! Questo ritorno di sorpresa del Ferro... Scommetto che lei lo sapeva; se pure lei stessa jeri non gli ha telegrafato di venire; sì, apposta, per farsi trovare lì in amichevole colloquio con lui, col signor Nuti. Creda pure che è così.

— Ma lui? lui?

— Chi lui? il Nuti?

— Se è tutto un giuoco di quei due...

— Teme che se n’accorga?

— Ma sì! ma sì! —

E la povera piccina tornò a storcersi le manine.

— Ebbene? e se se n’accorge? — dissi io. —