Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/265

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gine, non ha invecchiato mio padre; mio padre non l’ha vissuto questo tempo. E si presenta a me, a vuoto, dal vuoto di tutta questa vita che per lui non è stata; si presenta a me con la sua vecchia immagine di giovane che non mi dice nulla, che non può dirmi nulla, perchè non sa neppure ch’io ci sia. E difatti è un ritratto ch’egli si fece prima di sposare; ritratto, dunque, di quando non era mio padre. Io in lui, lì, non ci sono, come tutta la mia vita è stata senza di lui.

— È triste...

— Triste, sì. Ma in ogni famiglia, nei vecchi album di fotografie, sui tavolinetti davanti al canapè dei salotti provinciali, pensi quante immagini ingiallite di gente che non dice più nulla, che non si sa più chi sia stata, che abbia fatto, come sia morta... —

D’improvviso cambiò discorso per domandarmi, accigliato:

— Quanto può durare una pellicola? —

Non si rivolgeva più a me, come a uno con cui avesse piacere di conversare; ma a me come operatore. E il tono della voce era così diverso, così cangiata l’espressione del volto, ch’io sentii di nuovo, a un tratto, sommuoversi dentro di me il dispetto che covo in fondo da un pezzo contro tutto e contro tutti. Perchè voleva sapere quanto può durare una pellicola? S’era accompagnato con me per informarsi di questo? o per il gusto di farmi spavento, lasciandomi trapelare che intendeva di compiere qualche sproposito il giorno appresso, così che di quella passeggiata dovesse restarmi un tragico ricordo o un rimorso?