Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/45

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strappare la targhetta, ella non arrivò da sè, veramente; non alzò lei la mano, la prima volta, a sonare la campanella per farsi aprire il cancello. Ma non molto lontano di lì ella si fermò ad aspettare, che un giovanetto, fin allora custodito con l’anima e col fiato da due vecchi nonni, bello, ingenuo, fervido, con l’anima tutta alata di sogni, da quel cancello uscisse fiducioso verso la vita.

O nonna Rosa, e voi lo chiamate ancora dal giardinetto, perchè egli vi ajuti a cogliere con la cannuccia i vostri gelsomini di bella notte?

— Giorgio! Giorgio! —

Ho ancora negli orecchi, nonna Rosa, la vostra voce. E provo una dolcezza accorata, che non so dire, nell’immaginarvi ancora lì, nella vostra casetta, che rivedo come se vi fossi tuttora e tuttora ne respirassi l’alito che vi cova, d’antica vita; nell’immaginarvi ignara di quanto è accaduto, com’eravate prima, quand’io, nelle vacanze estive, venivo da Sorrento ogni mattina a preparare per gli esami d’ottobre il vostro nipote Giorgio, che non voleva sapere nè di latino nè di greco, e imbrattava invece tutti i pezzi di carta che gli capitavano sotto mano, i margini dei libri, il piano del tavolino da studio, di schizzi a penna e a matita, di caricature. Ci dev’essere anche la mia, ancora, sul piano di quel tavolino tutto scombiccherato.

— Eh, signor Serafino, — sospirate voi, nonna Rosa, porgendomi in una tazza antica il solito caffè con l’essenza di cannella, come quello che offrono le zie monache nelle badìe, — eh, signor Serafino, Giorgio ha comprato i colori; ci vuol lasciare; vuol farsi pittore... —