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azzurri, sgargianti, terribili, dei films che più hanno fatto onore alla Casa.
— Illustre senatore! — esclamò Fantappiè con un balzo, accorrendo e poi piantandosi su l’attenti con la mano levata comicamente al saluto militare. — È venuto per la prova?
— Già... sì... mi avevano detto per le dieci, — rispose l’illustre senatore, sforzandosi di discernere con chi parlava.
— Per le dieci? Chi gliel’ha detto? Polacco?
— Non capisco...
— Il direttore Polacco?
— No, un italiano... uno che chiamano l’ingegnere...
— Ah, capito: Bertini! Le aveva detto per le dieci? Non dubiti. Sono le dieci e mezzo. Per le undici certo sarà qui. —
Era il venerando Professor Zeme, l’insigne astronomo, direttore dell’Osservatorio e senatore del Regno, accademico dei Lincei, insignito di non so quante onorificenze italiane e straniere, invitato a tutti i pranzi di Corte.
— E... scusi, senatore, — riprese quel burlone di Fantappiè. — Una domanda: non potrebbe farmi andare nella Luna?
— Io? nella Luna?
— Sì, dico... cinematograficamente, si capisce... Fantappiè nella Luna: sarebbe delizioso! In ricognizione, con otto soldati. Ci pensi un po’, senatore. Concerterei la scenetta... No? Dice di no? —
Il senator Zeme disse di no, con la mano, se non proprio sdegnosamente, certo con molta austerità. Uno scienziato pari suo non poteva pre-