Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/111

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E ormai erano arrivati a tal punto, che se qualcuno per caso si fermava ad ascoltare i loro disegni senza riderne, essi, anzichè compiacersene, gli lanciavano oblique occhiatacce, non pur di sospetto, anche d’odio. Perchè la derisione degli altri era ormai l’aria in cui quel loro sogno respirava. Tolta la derisione, rischiavano di soffocare.

Mi spiego perciò come per loro il peggior nemico fosse stato mio padre.

Non si permetteva infatti solamente con me mio padre quel lusso di bontà di cui ho parlato più sù. Si compiaceva anche d’agevolare, con munificenza che non si stancava, e ridendo di quel suo particolar sorriso, le stolide illusioni di certuni che, come Marco di Dio, venivano a piangere davanti a lui la loro infelicità di non aver tanto da ridurre a effetto i loro disegni, il loro sogno: la ricchezza!

— Quanto? — domandava mio padre.

Oh, poco. Perchè era sempe poco ciò che bastava a costoro per diventar ricchi: mi-lio-na-ri-i. E mio padre dava.

— Ma come! dicevi che ci voleva così poco...

— Già. Non avevo calcolato bene. Ma adesso, proprio...

— Quanto?

— Oh, poco! —

E mio padre dava, dava. Ma poi, a un certo punto, basta. E quelli allora, com’è facile intendere, non gli restavano grati del non aver voluto godere beffardamente fin all’ultimo della loro totale disillusione e del