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Starnutò.
Io potei ridere di quella sua corsa, prima, poi di quel capitombolo all’indietro, e ora di vederla restar così; tentennai il capo e la richiamai a me. Se ne venne leggera leggera, quasi ballando sulle esili zampine; quando mi fu davanti, levò da sè le due anteriori per appoggiarsi a un mio ginocchio, quasi volesse seguitare il discorso rimasto a mezzo, che invece le piaceva. Eh sì, perchè, parlando, io le grattavo la testa dietro le orecchie.
— No no, basta, Bibì — le dissi. — Chiudiamo gli occhi piuttosto. —
E le presi tra le mani la testina. Ma la bestiola si scrollò, per liberarsi; e la lasciai.
Poco dopo, sdrajata ai miei piedi, col musino allungato sulle due zampette davanti, la udii sospirare forte, come se non ne potesse più dalla stanchezza e dalla noja, che pesavano tanto anche sulla sua vita di povera cagnetta bellina e vezzeggiata.