Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/170

Da Wikisource.

d’ogni ribattuta avversaria la prova sempre più convincente che inutile è insistere poichè l’altra non cede. E la più ridicola figura l’hanno fatta intanto i pugni veri levandosi istintivamente ad accompagnare irosi quelli parlati, o meglio, urlati, proprio fino all’altezza del grugno avversario ma senza toccarlo, e i denti che si serrano e i nasi che s’arricciano e le ciglia che s’aggrottano e tutta la persona che freme.

Con l’ultima scarica di quei tre “voglio„, “voglio„, “voglio„ dovevo aver bene ammaccata la resistenza di Quantorzo. Gli vidi congiungere le mani in atto di preghiera:

— Ma si può sapere almeno perchè? Così da un momento all’altro? —

Ebbi, vedendolo in quell’atto, come una vertigine. D’improvviso avvertii che spiegare lì per lì a lui e a mia moglie che pendevano da me, l’uno supplichevole e l’altra ansiosa e spaventata, i motivi di quella mia testarda risoluzione, di tanta gravità per tutti, non mi sarebbe stato possibile. Quei motivi, che pur sentivo in me aggrovigliati in quel momento e sottili e contorti dai lunghi spasimi delle mie tante meditazioni, non erano più chiari del resto neanche a me stesso, strappato dalla concitazione dell’ira a quella terribile fissità di luce che folgorava tetra da quanto avevo così solitariamente scoperto: tenebra per tutti gli altri che vivevano ciechi e sicuri nella pienezza abituale dei loro sentimenti. Avvertii subito che, a svelarne appena appena uno solo, sarei parso irremissibilmente pazzo all’uno e all’altra: che, per esempio,