Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/96

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fosse nato l’anno tale, il mese tale, il giorno tale un imbecille, credete che sia lo stesso imbecille per tutti? Sarò per l’uno imbecille perchè lascio Quantorzo direttore della banca e Firbo consulente legale, cioè proprio per la ragione per cui mi stima avvedutissimo l’altro, che crede invece di veder lampante la mia imbecillità nel fatto che conduco a spasso ogni giorno la cagnolina di mia moglie, e così via.

Cinque imbecilli. Uno in ciascuno. Cinque imbecilli che vi stanno davanti, come li vedete da fuori, in me che sono uno e cinque come la casa, tutti con questo nome di Moscarda, niente per sè, neanche uno, se serve a disegnar cinque differenti imbecilli che, sì, tut’e cinque si volteranno se chiamate: — Moscarda! — ma ciascuno con quell’aspetto che voi gli date; cinque aspetti; se rido, cinque sorrisi, e via dicendo.

E non sarà per voi, ogni atto ch’io compia, l’atto d’uno di questi cinque? E potrà essere lo stesso, quest’atto, se i cinque sono differenti? Ciascuno di voi lo interpreterà, gli darà senso e valore a seconda della realtà che m’ha data.

Uno dirà:

— Moscarda ha fatto questo. —

L’altro dirà:

— Ma che, questo! Ha fatto ben altro! —

E il terzo:

— Per me ha fatto benissimo. Doveva fare così! —

Il quarto:

— Ma che così e così! Ha fatto malissimo. Doveva fare invece... —