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150 STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI


Turchia, terra lontana, dov’è diffìcile pel cantatore lo andare. Una imprecazione dice: “Che ti portino i Turchi in Turchia!„ Turchi la crudeltà de’ quali diviene antonomastica a proposito degli Ebrei, detti cani Turchi in un canto religioso di Martano. Anch’ essa regione lontana è la Spagna e, se non lontana, grande per certo; fin là giunge la fama della bella martanese, fino in Alemagna pari a due spere brillano gli occhi di lei: ed è questa la seconda volta in cui si veda il nome di Lamagna far capo nel canzoniere del mezzogiorno d’Italia. Parlasi d’un nobilissimo Duca di Martina, il quale se non è (o ch’io mi fallo) un essere immaginario come il Conte di Messina del canto nostro, è per lo meno quanto quello ignoto. In alcuni canti si fa cenno di pepe alessandrino, di roseti damaschini, di specchi e scudi veneziani; ricordi d’un’attività e di comunicazioni commerciali che son parte di storia. Non men celebri sono “le carte degli antichi Romani„, insufficienti a imprimer le lucide chiome della zitella leccese, in faccia alla quale, arcibellissima se di Calimera, “paladina„ se di Castrignano de’ Greci, “dea„ se di Soleto, le belle tutte di Andria, Barletta, Poràbite e Altamura devono andarsi a riporre. Altri due canti danno la conferma dell’adagio siciliano Ognunu cu li soi s’abbrazza e strinci; perchè l’amante dice all’amata: “voglio cantarti una canzone greca, che non la intendano i Latini„; volendo, credo io, significare per Latini i non Greci d’Otranto; presso i quali avviene lo stesso che in Sicilia tra que’ di Piana de’ Greci, Contessa, Palazzo Adriano ecc. ed i Siciliani indigeni, cioè