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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI | 171 |
mico dolorano molti canti; e non voglionsi confondere co’ voceri che si fanno dalle donne (un tempo anche dagli uomini) sopra gli estinti, raspandosi e scalfendosi; questi lodano le virtù del morto col paragonarle alle più belle virtù cittadine e domestiche, lodi miste di dolore, di carezze, di vanto; quelli imprecano agli assassini, pregando dal cielo vendetta di sangue, che vendetta e Dio, sangue e preghiera, fede e bestemmia s’avvinghiano come croce accanto a pugnale nel canzoniere corso. Ecco il vocero di un giovane, a cui è stato ucciso il fratello:
Oh fratello, lu tuo sangue,
Lu si succhia lu terrenu,
Ah chi lu pudesse coglie,
E po’ tenellosi in senu!
Spargiarlo per le montagne
Per farne toscu e velenu...
Non mancano canti di gare civili, piaga antica degl’Italiani; ma scarseggiano fino a mancar quasi del tutto i canti storici, il cui posto pigliano i canti della vita domestica. Pure, uno ve ne ha che narra il naufragio delle galere di Spagna capitanate dal Doria; e un altro che descrive il crollo del tetto della Chiesa di Muro in Corsica mentre il popolo ascoltava una predica quaresimale (1788): altri canti sono o sanno di studio. Le guerre di Genova e di Francia non echeggiarono poesia; Paoli e Napoleone rimasero in qualche canto; cenni storici forniscono i voceri, e giovar possono, raccolti, all’intima storia di quel popolo singolare1.
- ↑ Vedi Tommaseo, Canti Toscani, Corsi, Illirici, Greci, vol. 2°, pag. 6. e seg. Venezia 1841.