Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/54

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eccellente, solleva il capo del suo condottiere nella faccia esteriore del cielo ed è portata attorno in quel giro, ma è costernata per ragion de’cavalli e può malamente contemplare le essenze; ma alcune altre anime qualche volta si sollevano, qualche volta discendono e straportate dall’impeto dei cavalli, parte delle cose veggono e parte non veggono. Finalmente le altre anime tutte che seguono sono desiderose delle regioni superiori del cielo, ma essendo impotenti, sono aggirate e ravvolte intorno, calcandosi e sospingendosi insieme e facendo forza l’una di gettarsi sull’altra, onde viene tumulto e mischia e sudore estremo, dove molte di esse per la imperizia delle guide si storpiano, e molte si rompono una quantità di penne, e tutte dopo aver durato fatica, lasciano di guardare inutilmente le essenze, e partite che sono, si nutriscono di congetture. Or la cagione di questa gran sollecitudine ch’esse hanno di vedere qual è il piano dove germoglia la verità è appunto questa, che l’alimento il quale si compete alla parte eccellente dell’anima si trova essere nel prato che giace in quel piano, e da questo alimento piglia vigore la natura di quelle ali per le quali l’anima si solleva, e questa è propriamente la legge di Adrastea, che qualunque anima fattasi compagna del Nume riguardi qualche cosa dell’essenze, questa sia salva da ogni male infino al ricomincia-