Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/104

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ma, alla fine, i miei occhi caddero sulle aperte pagine di un libro, e si fissarono sopra una frase sottolineata. Questa frase, energica nella sua semplicità e singolare, apparteneva al poeta Ebn Zaiat, — ed era: Dicebant mihi sodales, si sepulcrum amicae visitarem, curas meas aliquantulum fore levatas1.

Come è dunque mai che, al leggere queste parole i capelli mi si rizzassero sul capo ed il sangue mi si agghiadasse nelle vene?

In questa, eccoti picchiar lieve lieve alla porta della biblioteca e, pallido come un essere di oltretomba, farsi innanzi in punta di piedi un mio famiglio. Aveva lo sguardo per terrore stravolto: e si appressò a parlarmi con voce bassa, bassa, tremula e come soffocata. Che cosa mi diss’egli? Io ne capii appena qualche frase interrotta. Parmi che mi narrasse come uno spaventevole grido avesse turbato il silenzio della notte, — che tutti i famigli s’erano riuniti, — che s’erano fatte ricerche nella direzione del suolo... In fine, la sua voce bassa bassa si fece distinta sino a farmi fremere, quando l’ebbi inteso affermarmi che si parlava di una violazione di sepolcro, d’un corpo sfigurato, privo del suo lenzuolo, che tuttavia respirava, che tuttavia palpitava, — che era vivente!

Ei guardò i miei vestimenti; erano tutti oscenamente grommati di fango e di sangue. Senza proferire parola, mi prese dolcemente per la mano, — e in essa apparivano larghe stimmate di unghie

  1. I miei compagni dicevanmi, che, se avessi visitato il sepolcro dell’amica, i miei affanni si sarebbero d’alquanto alleviati.

    B. E. M.