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era sempre rannicchiato nel mio nascondiglio, tutt’occhi sulla persona di quell’uomo; e l’uomo tremava nella solitudine; — e nondimeno la notte avanzava, e l’uomo persisteva immobile sulla roccia.
Io allora maledissi gli elementi, — della maledizione del tumulto; e una tempesta spaventosa si addensò su ’n cielo, ove poc’anzi nessun filo d’aura alitava. E il cielo si fè livido della violenza della tempesta, — e la pioggia flagellava il capo dell’uomo, — e i fiotti del fiume straripavano, — e le sue acque, tormentate, sprizzavano in ischiuma, — e le ninfee mandavano stridi dai loro letti, — e la foresta a’ colpi del vento curvava, — e romoreggiava il tuono, — e guizzavan saette, — e vacillava la roccia sin dall’ime fondamenta. Ed io me ne stava sempre accoccolato nel mio nascondiglio a spiare le azioni dell’uomo. E l’uomo tremava in quella solitudine: — intanto la notte avanzava sempre, ed e’ restava immobile sulla roccia.
Allora mi punse un’irritazione viva, e maledissi — della maledizione del silenzio — il fiume e le ninfee, e il vento, e la foresta e il cielo, e il tuono e i sospiri delle ninfee. Ed essi tutti andarono colpiti della mia maledizione, — ed ammutolirono. E la luna arrestò in cielo il penoso suo corso, e i tuoni cessarono, nè più lampeggiaron saette, e le nubi stettero gravemente, e le acque ritornarono a’ loro letti — e vi giacquero; e gli alberi finirono di agitare lor cime, nè più sospiravano le ninfee, cessando di sollevarsi ogni arcano mormorio dagl’innumeri loro steli, nè più