Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/267

Da Wikisource.

— 261 —


Non esitai più sul da farsi.

Risolvetti d’attaccarmi con confidenza al carratello, cui tenevami sempre abbracciato, mollare il cavo ond’era tenuto alla gabbia, e d’avventurarmi con esso alle onde. E con segni mi sforzai di trarre l’attenzione del fratello su’ barili natanti, che discorrevano d’attorno, usando tutto quanto seppi e potei per fargli capire questa risoluzione. Mi parve in fine ch’egli avesse indovinato il mio disegno; ma, avesselo o no afferrato, scosse senza speranza la testa, e rifiutò di lasciar il suo posto presso l’anello. Violentarlo e trarlo a me, impossibile; e, ogni perdita di tempo, fatale. Per lo che con angoscia straziante abbandonai al suo destino affidandomi al carratello col cavo ond’era legato alla vedetta; e, con piena risoluzione, mi spinsi con esso in mare.

E il risultamento soddisfece pienamente le speranze. E poi ch’io medesimo vi narro questa storia, io, che vedete scampato dal pericolo; e poichè omai v’è noto il mezzo di salvamento da me impiegato, — da cui per certo potete facilmente prevedere quanto potrei ancora svelarvi; io, abbreviando il racconto, tirerò diritto alla fine.

Era passata circa un’ora da che io aveva abbandonato il battello, quando questo, disceso a un’immensa distanza al di sotto di me, compì uno dopo l’altro tre o quattro giri velocissimi, e, trasportando il mio carissimo fratello, infilò direttamente e per sempre nel caos della schiuma. Il barile, cui io era avvinghiato, galleggiava quasi a mezza via tra il fondo del baratro e il sito dond’erami slanciato dal battello, allora che un notevolissimo cangiamento manifestossi nel carattere