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Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/201

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Quella me seco oltra ’l vapor mortale
Alto sollevi, ed al caduco ingegno
Tal di se faccia, e di sue rapid’ale
Fortissimo sostegno,
Che di manchevol arte
Timid’orma non mostri, o basso segno;
Ma sulle industri carte
Sacre ad eternitate
Rechi il gran fatto, e tra be’ lampi ardenti
Faccial d’umanitate
Non vano specchio alle più tarde genti.
     Dessa ella sia, che per mia bocca cante
Quale a veder fosse operoso ansante
Tutto zelo, ed ardor lungo le sponde
Già minacciate anch’esse
Al gran periglio avante
Farsi il Real Campione
Là ve’ più di terror menavan l’onde.
Qual a conforto delle genti oppresse,
Qual non versò de’ soccorrenti a sprone
Largo tesoro, e quante
Non v’aggiunse d’onor lodi, e promesse!
Che non fatto da lui, che non tentato
Fu nel giro fatal di que’ momenti?
Mortal uomo luttar osò col fato,
Solo contro fortuna, e gli elementi
Stare osò col consiglio, e colla mano,