Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/21

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Sparge dal ciel con le lattenti mamme,
Già vital cibo della gente umana
Nell’aureo tempo della prisca etade.
Adunque l’Api nell’aprir dell’anno
Son tutte di dolcezza, e d’amor piene:
Allor son vaghe di veder gli adulti,
E la dolce famiglia, e i lor figliuoli;
Allor con artificio, e ’ndustria fanno
Loro edifici, e celle, e con la cera
Tiran certi angoletti eguali a filo
Lineando sei faccie; perchè tanti
Piedi ha ciascuna. O magisterio grande
Dell’Api architettrici, e geometre!
Questi son i cellari, u’ si ripone,
Per sustentarsi poi l’orribil verno,
L’almo liquor, che ’l ciel distilla in terra,
E con sì gran fatica si raccoglie.
E se non ch’io t’adoro, o chiaro spirto
Nato presso alla riva, ove il bel Mincio
Coronato di salici, e di canne
Feconda il culto, e lieto suo paese,
Poichè portasti alla tua patria primo
Le palme, che togliesti al Greco d’Ascra,
Che cantò i doni dell’antica Madre;
lo canterei come già nacque il mele,
E la cagion per cui le caste cere
Adunin l’Api da cotanti fiori: