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A rimirar su augusto soglio affiso
Giusto e clemente Re volgere il freno
Di quest’alma città, che alla grand’ombra
Del Monarchico scettro i dì traendo
Sereni e sgombri da discordie amare,
Anzichè rammentar d’invidia accesa
Di sua libera infanzia i tristi eventi,
Conscia per prova del miglior destino,
Ch’oggi il ciel le comparte sull’estinto
Fosforo menzognero di sua prisca
Torbida libertate esulta e ride;
Oh con qual d’ogni libertà migliore
E più dolce servaggio il procelloso
Cangiasti, o Chieri, anarchico governo
Dacchè al sesto Amedeo, del gran Beroldo
Alta propago, oracol vero, e speglio
D’Italia tutta, e di sua età splendore
Spontanea ti donasti, e del sovrano
Invitto suo valor usbergo e scudo
Ti festi incontro al doppio turbo avverso
Dell’estrinseco Marte, e dei civili
Fra tuoi patrizi insorti emuli sdegni;
Indarno, o patria mia, allorchè scossa
Eri dentro, e di fuor da sì crudele
Nembo d’affanni or questo Prence, or quello
Cieca scegliesti in tua difesa e scampo.
Indarno del Partenopeo Monarca