Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/28

Da Wikisource.

Scordandosi il tornare ai cari alberghi;
Tu puoi vietar quei voli erranti, e vaghi
Senza fatica; e con picciolo giuoco,
Tarpando ai Regi lor le tenere ale;
Perciò che senza i capitani avanti
Non ardiscono uscir fuor delle mura,
Nè dispiegar, le lor bandiere al vento.
L’orto, ch’aspirì odor di fiori, e d’erbe,
Le alletti, e quello Iddio, c’ha gli orti in cura,
Le guardi, e le difenda, e i ladri scacci;
Col rubicondo volto, e con la falce,
E gli animali rettili, e volanti,
Che viver soglion delle vite loro.
     Il buon cultor dell’Api con sue mani
Porti dagli alti monti il verde pino,
E lo trasponga ne’ suoi floridi orti,
Con le sue barbe intere, e col nativo
Terreno intorno, ficchè non s’accorga
La svelta pianta aver cangiato sito,
E pongala coi rami a quegli stessi
Venti, com’era, nella patria selva.
Così facemmo intorno alla chiare acque
L’avolo nostro, ed io; così su fatto
Dal padre mio nella Città di Flora.
A questo modo il timo, e l’amaranto
Dei trapiantare ancora, e quell’altre erbe,
Che danno a questa greggia amabil cibo,