Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/34

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Fugge il moscone, e la formica alata,
La verde canterella, e la farfalla,
Più d’ogn’altro animal nimico all’Ape;
E mille mostri rettili, ed alari,
Che, quando il caldo l’umido corrompe,
La natura soverchia al mondo crea.
Tornan poi le minori a i loro alberghi
La notte stanche, ed han le gambe, e ’l seno
Piene di timo, e d’odorata menta,
Pasconsi di ginestre, è rosmarini,
Di tremolanti canne, o lenti salci,
Di nepitella, e del bel fiore azzurro,
Che lega in mezzo alle sue frondi il croco,
Della vittoriosa, e forte palma,
Del terebimo, e dell’umil lentisco,
Che Scio fa degno sol delle sue gomme;
Del languido giacinto, che nel grembo
Porta dipinto il suo dolore amaro;
E di molti altri arbusti, erbette, e fiori,
Da cui rugiada liquida, che perle
Pare a veder sopra a zaffiri, ed oro,
Sugando questo animaletto ameno
Colora, odora, e da sapore al mele,
Tutte hanno un sol travaglio, un sol riposo,
Com’escon la mattina delle porte,
Non restan mai perfin, che ’l ciel s’imbruni;
Ma poi, com’egli accende le sue stelle,