Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/35

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Tornansi a casa, e dei sudati cibi
Nutrono i loro affaticati corpi.
Sentesi il suono, e ’l mormorar sovente
Nel vestibulo intorno alle lor porte.
Ma poi che nelle camere son chiuse,
Prendono ivi a bell’agio alto riposo,
Con gran silenzio fino al nuovo giorno;
El sonno irriga le lor lasse membra
Di profonda, e dolcissima quiete,
Nè dalla corte mai si fan lontane,
Se veggon l’acre tenebroso, e scuro,
O se ’l Sol nelle nubi il piovoso arco
Dipinge, o mormorar senton le frondi;
Messaggi certi di tempesta, e pioggia;
Ma caute se ne vanno intorno a casa
A pigliar l’acqua ai più propinqui fonti,
Con certi sassolini accolti in seno
Librandosi per l’aria, e con grand’arte
Secan le vane nubi, e ’l mobil vento,
Come se fossen navi in mezzo l’onde,
Che ’l peso ferme tien della zavorra.
     Tu prenderai ben or gran meraviglia,
S’io ti dirò, che ne’ lor casti petti
Non albergò giammai pensier lascivo,
Ma pudicizia, e sol disio d’onore.
Nè partoriscon, come gli altri insetti,
Uova, nè seme di animati vermi,