Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/36

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Premendo per dolore il matern’alvo;
Ma sopra verdi frondi, e bianchi gigli
I nati figliuolin allora allora
Leccano prima; e poi colgongli in grembo,
E gli nutriscon di celeste umore,
Nè solo esse Api vivon pure, e caste,
Come le sacre Vergini Vestali
Al tempo antico dei Sabini, e Numa;
Ma non voglion sentir fiato, che spiri
D’impudico vapor, nè d’odor tetro
D’agli, porri, scalogni, o d’altro agrume,
O di vin sopra vin forte, e indigesto,
Che stomaco indisposto esali, e rutti,
Però sia casto e netto, e sobrio molto
Qualunque ha in cura questa onesta prole.
Esse il lor Re, coi pargoletti infanti,
Ch’esser den successori al grande impero,
Allevan regalmente, e regal seggi
Dentro gli fanno d’odorate cere,
Spesso sopra le pietre aspre, e pungenti
Lasciano l’Api le gemmate penne,
Per la fatica consumate, e rose;
E sotto ponderosi, e ingiusti carchi
Hanno spirato fuor del casto petto
L’anima stanca in su le patrie mura:
Tant’è l’amor dei fior, tant’è la gloria
Di generare alla sua patria il mele.