Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/41

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Lasciano infisse con la vita insieme.
Se tu poi temi il crudo algor del verno,
E se vuoi risparmiar per l’avvenire,
E compatire agli animi contusi,
Alle fatiche dell’afflitto gregge;
Non dubitar di profumar col timo
Ben dentro gli apiari, e col coltello.
Recider le sospese, e vane cere.
Perciò che spesso dentro ai crespi favi
La stellata lacertola dimora,
E mangia il mel con l’improvviso morso
Ancora dentro agli apiari il fuco
Ignavo stassi, e senza alcun sudore
Si pasce, e vive dell’altrui fatiche;
Come la pigra, e scellerata setta,
Ch’empie le tasche, ’l sen di pane, e vino,
Che qualche semplicetta vedovella
Toglie a se stessa, ed a’ suoi cari figli,
E dallo a loro timida, e divota
Credendosi ir per questo in grembo a Dio.
Fa poi, che tu avvertisca al calabrone
Lor gran nemico, che per l’aere ronza,
Superiore assai di forze, e d’arme;
Ed anco a certa specie di farfalle,
Del melifero gregge acerba peste;
Ed alla Aragne, odiata da Minerva,
Che tende i lacci suoi sopra le porte;