Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/40

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Sospender alle travi luto, e paglie
Pe’ dolci nidi che di penne impiuma;
Per posar l’uova genitai, che ’l corpo
Non le può più patire, e col disio
Già vede il rondinin, che sente il ventre;
L’altra è, quand’ella provida del tempo
Passa il Tirreno, e sverna in quelle parti,
Ove son le reliquie di Cartago.
Ma perchè l’Api ancor s’adiran molto,
Abbi gran cura, quando grave oltraggio
Indegnamente han ricevuto a torto.
Perciò che quando Dio creò l’amore,
Insieme a lato a lui pose lo degno.
Sicchè ben guarda, che nei picciol corpi
Non già picciol furor di rabbia, e d’ira
Ondeggia, e bolle; è come acqua in caldaja
Che sotto ’l negro fondo ha fuoco ardente,
Fatto di scheggie, o di sermenti secchi,
Trabocca il bollor fuor dai labbri estremi,
Che in se non cape, e le gonfiate schiume
Ammorzan sotto la stridente fiamma
E ’l fuoco cresce, e insieme un vapor negro
S’innalza, e vola come nube in aria:
Così fan l’Api indegnamente offese.
Allora è il morso lor rabbioso, e infetto,
E sì mortal velen le infiamma il cuore,
Che le cieche saette entr’alle piaghe