Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/43

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Piglia un gran vaso, che sia senza fondo,
E largo sia dal piede, e poi si stringa
Nel mezzo, insin, che la sua cima estrema
Venga in un punto, ove sia posto un foro;
Acciò che esalar possa indi il vapore,
In guisa di piramide rotonda.
Ma se non hai tal vaso, per quest’uso
Piglia l’imbuto, onde s’infonde il vino,
E ponil poi tra le vicine malve,
Col lume dentro, e stia su quattro sassi
Quattro dita alto, acciò che quella luce
Riluca suor, che le farfalle alletta.
Non prima avrai posato il vaso in terra
Che sentirai ronzar per l’aere cieco,
E insieme il crepitar dell’ale ardenti,
E cader corpi semivivi e morti,
Ed anco il fumo uscir fuor del camino
Con tal fetor, che volterai la faccia,
Torcendo il naso, e stranutando insieme.
Però t’avverto, che, posato il vaso,
Ti fuggi, e torni poi quivi a poch’ore,
Dove vedrai tutto quel popol morto;
Che farebbe un spettacolo nefando
A quel gran Saggio, che produsse Samo.
Come quando una vostra antica nave,
Fabbricata dal Popol di Liguria,
Se ’n la nitrosa polvere s’appicca