Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/44

Da Wikisource.

Per qualche caso inopinato il fuoco,
Tutta s’abbrucia l’infelice gente,
In varj modi; e chi ’l petto, e chi ’l collo
Ha manco, e chi le braccia, e chi le gambe,
E quale è senza capo, e chi dal ventre
Manda fuor quelle parti, dove il cibo
S’aggira per nutrir l’umana forma:
Così parranno allor quei vermi estinti.
Ma se nell’api tue venisse peste;
Poichè così nei pargoletti corpi,
Come nei nostri, son diversi umori;
Questo con chiari segni ti sia noto,
Massimamente in su ’l fiorir dell’olmo,
O del verde titimalo, che solve
I corpi lor, come scamonio i nostri,
Allor le vedi impallidirsi in volto,
E farsi estenuate, orride, e secche,
Simili a scorze, e spoglie di cicale;
E tu se vedi ancora i corpi morti
Portar di fuor dalle funeste case;
Ovver connesse pender dalle porte,
E solpese aspettar l’ultimo fine;
Ovver rinchiuse dentro ai lor covili
Posarsi neghittose, e rannicchiate,
Con l’ale basse, e le ginocchia al petto,
Allor si sente un susurrar più grave
Fra loro, e un suono doloroso, e mesto,