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Pagina:Poemetti italiani, vol. II.djvu/14

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     Però ch’un dì l’alta sorella e sposa
210Del gran padre del ciel, santa Giunone,
Del suo marito allor fatta gelosa
Più che ancor fosse, e ben n’avea ragione,
Lui ricercando, in una valle ombrosa
Eco trovò, ch’al suo cammin s’oppone,
215E spiando chi fosse, e dove vada,
Molto col suo parlar la tenne a bada.

     Tanto la tenne, che l’ascoso Giove
Ch’ivi non lunge i suoi diletti avea,
Rivolse i passi chetamente altrove
220L’altra celando, che con lui giacea;
Ma troppo saggia per l’antiche prove,
Tosto s’accorse la schernita Dea
Che ’l suo lungo parlar copriva inganno,
Proponendo che in lei cadesse ’l danno.

     225E disse: o Ninfa, perchè ’l mondo impare
A non beffar quaggiù divino impero,
Il non poter mai più per te parlare
Sia penitenza al folle tuo pensiero:
E perchè col più dir quinci tardare
230Non possa alcun, del ragionare intero
Or t’ho privata, e ti concedo sole
Il replicar l’estreme altrui parole.