Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/19

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     Indi parlate a’ pubblici sensari,
A’ più ricchi e più noti contadini,
A’ dottori, a’ mercanti, ed a’ notari,
     Ch’han gli amici, e i clientoli, e i vicini:
Sapran s’uom vender voglia, e quanto chieda;
E quai sian le contrade, e quali i fini.
     Quando saprete, ove il poder si sieda,
Itelo a riveder non una o due
Volte, ma dieci, e con voi altri il veda.
     Sappiate di cui sia, e di cui fue
Guardatel tutto intorno, entro e di fuora,
E nelle più riposte parti sue.
     Giova il vederlo più, e più talora;
Che s’è buono il terren, s’è vago il sito,
Quanto vedete più, più v’innamora.
     Com’uom ch’egli abbia a procacciar marito
A figlia bella, e sola, e d’alta dote;
Con la lingua, e col piè siate scaltrito.
     Sia presso alla città, quanto si puote,
Il poder che cercate; e larghi e piani
Siano i sentier, che andar vi possan rote.
     Comprar poderi, e che ne sian lontani,
È far dono a tre stati di persone,
A servitori, a schiavi, ed a villani.
     Però quel Moro saggio, il buon Magone
Dicea chi ’l poder compra, immantinente
Venda nella città la sua magione;