Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/20

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     Per mostrar, che ’l signor non pur sovente,
(Il che non potrà far, s’è lunga strada)
Ma a qualunque ora esser vi dee presente.
     S’è presso al mar sì, ch’uom per mar vi vada,
E del carro si vaglia, e delle barche,
Qual più gli è in destro, tanto più m’aggrada.
     Ma sia che bisogni ir, poich’uom si sbarche,
Duo tratti d’arco; e sia ch’entrin le porte
E treggie, e carra, non che bestie carche.
     Quanta utiltà pensate voi, che apporte
Poder, ch’abbia sì comodi i viaggi,
Oltre al piacere, a cui gliel dà la sorte?
     S’è lontan da città, sia tra villaggi;
Che chi vuol voi, per boschi non vi cerchi;
Nè il guardian tema di ladri oltraggi;
     E possa ancor più agevolmente aver chi
Poti e vendemmi, e zappi ed ari, e falce;
Nè lungi, e caro altrui fatiche merchi.
     E se la zappa, e ’l vomero, o la falce
Si rintuzzan, sia presso chi gli acconcie.
E s’abbian ferro e legni e pietre e calce
     Da far nuove opre, e da sarcir le sconcie:
E, se si paga il far de’ tetti o palchi
Altrove a dramme, qui non monti ad oncie.
     E fisici e chirurgi e mariscalchi
Uom possa aver, quando il bisogno accade;
Nè lunga via per lor vada o cavalchi: