Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/47

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     E mi pare una vita assai tranquilla,
Ch’uom non possa di passo a lite trarvi,
O di terra o di siepe che partilla.
     E se volete a villa ricovrarvi,
Vi bisognan degli agi, e de’ diporti;
Che alle donne non sia duro lo starvi.
     Voi non siete de’ padri e de’ consorti
Alle femmine loro aspri e selvaggi,
Ma de’ gentili e nati nelle corti:
     Siete, com’esser den gli uomini saggi,
Da cui s’acquista onor, util s’accresce,
E nè a strani, nè a suoi si fanno oltraggi:
     Non imitate alcun, cui non incresce,
Pur ch’ei si goda, ch’altri pianga e crepi,
Lascia in prigion le donne, e di casa esce.
     Non son le donne bestie da presepi,
Bisogna che piacer lor si procuri,
Ch’altro vedan talor ch’arbori e siepi.
     Oltra che fan più onesti e più sicuri
Gli alberghi, vie di passo, innanzi, o a canto,
Fanno anco i giorni men noiosi e duri.
     Se appresso avrà qualche magion di santo,
Ove ir possiate almen le feste a messa,
Vi dico ch’ella val quasi altrettanto;
     E s’è tal, ch’a’ suoi dì vi si confessa,
E vi si dà battesmo e talor cresma;
È un tesoro, una ricchezza espressa;