Pagina:Poemetti italiani, vol. IV.djvu/162

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E le troppo percosse imbelli fibre
Fan che l’alma risenta il loro affanno
Or odi come fra la doppia cura
Di dar ristoro al giovin corpo, e l’alma
Nudrir di filosofico pensiero
L’ore divida. Non sì tosto il sole
Del pacifico mar notte lasciando
Sull’acque immense, ed in silenzio il vasto
Messico padre di molt’oro, e Cuba,
L’opposta parte del volubil globo
Orna e riveste di purpurea luce,
Ch’io balzo fuor dell’agitate coltri,
E con umil preghiera al del rivolgo
I pensier primi, che nel mondo errante
«non si comincia ben se non dal cielo».
Abil coppier frattanto agita e mesce
Col dentato versatile strumento
La mattutina d’oltramar bevanda,
E in lucida la versa eletta tazza,
Del camuso Cinese aureo lavoro.
Fervida s’alza la disciolta droga,
E di fragranza liquida e di spume
Ricca sovra il capace orlo colmeggia.
Ve' come intorno a lei cadendo il raggio
Vi spiega i bei colori, onde fra’ nembi
D' Iride il variato arco si tinge!
Ma di tante ricchezze alfin la spoglia